Che devasto. Eravamo in giro da tre giorni. Non ce la facevo piu'. Halloween l'avevo passato in Svizzera. Niente di che. Serata tranquilla, troppi pelati-lavoratori-soldatini. Si, un gran schifo per uno zozzo come me. Guardavo le sue gambe, erano divine. Non feci altro che toccarle tutta sera. Uno, un mezzo vecchietto che stava insieme ad una sua amica mi chiese pure se volevamo fare un 'orgia. Io risi. Ridevo di gusto, lo prendevo per il culo.
Il vento soffiava forte, e raggelava il petto e l’urina che m’usciva dal pene rattrappito per via del freddo. Era inverno ormai, una notte gelida in cui la sbornia faticava ad abbandonarmi. Ero stato fortunato. Quella sera avevo speso un capitale, in giro per bar, ma ero riuscito in un qualche modo ad anestetizzare il cervello ed a rinfrancar lo spirito. Stavo bene. Erano le due del mattino e mi ero ritrovato a mingere dietro ad un bidone dell’immondizia in pieno centro. Stavo bene. Le auto passavano, con i loro fari accecanti. Mi pareva di poter scorgere i sorrisi beffardi degli automobilisti, ero certo di poter udire i loro pensieri.
E’ una di quelle sere che passo da solo, la mia compagna si sta guadagnando la pagnotta facendo i turni di notte in una ditta di scatolame. Di me il lavoro non vuole saperne o forse, come pensano i maligni, sono io a bere birra e a guardare quegli orribili talk show alla televisione; le solite menate: dottori ultra bravi che ti spiegano persino come respirare, poliziotte superbelle con tante tette.
Avvolte tutto è dannatamente perfetto, il cielo nuvoloso, una strada tranquilla, e una fisarmonica che suona in lontananza. Scrivo, perché oggi, o meglio in questo momento ne ho proprio bisogno, sono triste, in uno strano modo, triste e rassegnata, non so quale sia il nome per il miscuglio di questi due stati d’animo; lo so, che negli scritti precedenti dico peste e corna della famosa persona, ma ora non posso fare a meno che sentire le sua mancanza, tutto è distanza ormai, le ore sono diventate giorni e i giorni sono diventati settimane, che a loro volta diventeranno mesi;
Ad un certo punto della vita perdiamo il volante e inneschiamo il pilota automatico. E all’improvviso la domanda, quella che mi martella le meningi da giorni, a cui non riesco a dare una risposta definitiva. Siamo liberi? Cos’è la libertà? Wikipedia la descrive come “la condizione di chi non è prigioniero e non ha restrizioni, non è confinato o impedito. La libertà in senso più ampio è anche la facoltà dell'uomo di agire e di pensare in piena autonomia, è la condizione di chi può agire secondo le proprie scelte”.
La confusione è figlia del silenzio; l'assenza di parole gravide di significati rende scontato il dialogo. La comunicazione s'arrende al triste incedere dell'apatia, che trionfante s'avventa tra la folla sorretta da violenta noncuranza.
Arrossisco se ci ripenso ma mi eccito se non smetto. Come posso aver trovato il coraggio di chiedergli una cosa simile! Che sfacciata però, si è inginocchiata in ascensore come in confessionale. Ho gli ormoni che mi son diventati rospi. La signora Matilde ha fatto una faccia quando le porte si sono aperte e non credo abbia il coraggio di rivolgermi più la parola. Vi immaginate una vecchia bigotta tutta vestita di nero che sgrana gli occhi mentre io appoggiato alla parete: "Vuole partecipare anche lei signora?" Naturalmente non sapevo cosa dire e non avevo nessuna intenzione di interrompere il lavoro che stava facendo ai miei piedi.
Ho visto il tuo sguardo in molte donne cercandoti e non trovandoti ho sentito il tocco di mani vellutate che non erano le tue mi è servito per capire che non ti ho mai amata ma solo che cercavo un 'altra donna che forse non è mai esistita forse l'ho trovata .
Vola con stanchezza in un cielo che sputa merda il corvo solitario si fa cadere nel vuoto sporco dalla vita sporco dalla luce del sole il suo volo mette tristezza sembra chiuso nel suo mondo
Ricordo una sera, bussarono alla porta diceva di chiamarsi Mr.Passato. Senza esitare aprii. Quel figlio di puttana mi colpì con il suo grosso pugno dentato esclamando: Ci si rivede, vedi di non rompere più i coglioni! Ora rialzati... domani verrà Mr. Futuro a farti visita.
Tutto in un momento una strana sensazione sento il vuoto dentro di me non riesco a pensare alla nuova era l'angoscia mi logora, senza ritegno sono nella stanza buia grazie di tutto questo, non so quanto ringraziarvi non riesco piu' a sentire nulla sono sotto, sotto l'inferno l'incubo che cancella il paradiso
Sagome di civiltà fuori dal finestrino. Macchine in corsa. Luci che strisciano via. Ho la testa gonfia e gli occhi grandissimi. Guardo fuori e non partecipo alla conversazione. Valentina, la bambina autistica. Valentina, la puttana. Valentina, la stronza. Valentina, l’ubriacona. Il mio riflesso si spande sul vetro appannato. Mi impano d’imbarazzo. Dico cose poco giuste e non rispetto il prossimo. Ma lo vorrei fare. Ce la metto tutta. Vorrei sciogliere questa crosta sull’anima. Distruggere il guscio ed evidenziare all’ossigeno questa pelle scarnificata. Sottopelle. Subdermatica. Luccico. Luccica la carne. Viscida di vene. Viscida di organicità. Sono budella e cervello. Cuore e surrogato animistico.
Mi ritrovo a scrutare la mia pelle allo specchio. Oggi è davvero pessima. Brutta, livida, sembra voglia esplodermi di fronte. Ahahah...anzi...sembra voglia esplodermi la fronte. Ho gli occhi gonfi di stanchezza. Oggi ho lavorato 10 ore filate. Sono stanca. Non ho voglia di pensare, eppure penso a lui. A lavoro. A casa. Mangiando. Guardando un film. Guidando. Non è possibile. Non sto parlando di me. Mi viene in mente un sogno che feci qualche giorno fa. Precisamente tre notti fa. Anzi erano più o meno le sette del mattino. Io e G.W.G. eravamo rimasti fino all'alba svegli a conversare, a coccolarci, a grattarci le schiene a vicenda ed a ridere. Ancora ho due unghie colorate del rosso smalto che ho rubacchiato un poco (giusto per tingermi tre unghie, ma ero troppo sbronza per colorarle tutte e dieci) dal suo bagno. Era di C., una dei suoi due coinquilini. I Lillipuziani, come li chiamano loro. Che sia G.W.G. il grande Gulliver? Spero non lo leghino da qualche parte. Non potrei sopportarlo.
Sveglia,caffè,stazione,treno,metropolitana. Routine mattutina di lezioni spesso noiose;osservo la gente che,in genere, mi provoca ribrezzo,nausea. Come l’ultimo sorso di vino scadente che ingoi con incredibile fatica. Per distrarmi e sollevarmi il morale mi lascio rapire da sinuosi contorni di gambe slanciate,seni formosi e sguardi che raramente fanno ribollire il sangue.Di solito gli occhi sono assenti,fissi,spaventosamente vuoti. Come i miei stamattina,anche se li intravedo appena nel pallido riflesso della porta del vagone della metro.
Fiumi di feci liquefatte scorrono in quel deserto, dove un fottuto vergine canta canzoni d’amore, aspettando il giorno che verrà, udendo l’incessante defluire dell’energia vitale, un fastidioso ronzio che annebbia il suono della voce, il pianto del cuore per la propria infame condizione di vecchio vergine e cardiopatico buffone. Il grigiore del vello cela la sua pelle ormai dura come il cuoio, scura come il cielo di una notte senza luna né stelle.