La città e la pioggia La pioggia primaverile che lascia riflettere... I giorni che profumano d'estate ma camminano da inverno E Marzo scivola nella sua pazzia.. Sua madre che vive oziosa il giorno.
A volte il tuo sguardo va oltre quello che pensi. A volte la pazzia spinge al limite tutti i tuoi sensi. Ci sono dei momenti dove tutto e tutti sono monumenti alla morte Ci sono degli istanti in cui la tua voce ha bisogno di gridare forte. Anni e decenni che passano nel più duro orrore, o un piccolo sguardo che in questo torpido inverno emana chiarore.
Maledetto. Maledetto nel veder bruciare ogni cosa in cui credo Maledetto e triste ta le foglie di questo accampamento. Maledetto nella notte più buia. Maledetto...................... Maledetto nel perdere i tuoi occhi Che il tempo,nel suo gioco tiranno,mi ha lasciato di te solo la fine.
Riesco a percepire il minimo rumire della luna. Parigi s'illumina di angeli.... Li vedo fra gli alberi di un parco..... L'aria è speziata... Il traffico non vuole rovinare tutto e procede lento.... Un violino riecheggia da una casa..... I ricordi sono un trionfo di emozioni....
di fronte a cotanta bellezza mi arrendo, sono inutile, sono l'uomo che ti lustra le scarpe, dovrei arrendermi? Giammai, desidero con furia ed abnegazione le tue cosce nude, il tuo corpo prorompente che giace sopra di me, in mistica contemplazione emetto borbottii erotici, poi non mi trattengo, starnutisco, gemo selvaggiamente, avvinghiando le tue gambe in un mugolio che t'idolatra.
Stavo beatamente masturbandomi sulle gambe stratosferiche, extraterrestri di Matilde Brandi, una fica di primissima qualità, quando all'improvviso, come destato da un risveglio bastardo odo squittire e squillare il telefono.
Avete stimolato la mia parte più bestiale, ero e sono senza sguardo, anzi mi guardo, dirimpetto a me, tu, timida bellezza di maggio, di ultima notte di primavera. Poi cisarà l'aurora grigia, più plumbea e mi urlerai con rabbia, in gola, vorrei stuprati per non mastuprarmi.
Affogherei in un mare di banalità nel dirti che voglio squamarti in un orgasmo color viola, lucido come l'arcobaleno dei giorni più festanti, più arrembanti e rombanti, ma guaisco, mi strizzo le palle adorando i tuoi occhi, scuri, che dico, nerissimi, invisbili al tatto, sono ingenuo, semplice, un gran cafone, d'ignoranza intermittente, che a volte è saggezza. Elargisco il mio odore di uomo su di te. Amami. Cazzo, fanculo.
La notte di ferragosto era oramai imminente e un'allegra comitiva di ragazzi sedeva al tavolo di un ristorante mettendo le basi per quella che sarebbe stata una serata molto alcolica. Tutti probabili geni incompresi devoti all'auto distruzione senza l'ombra di un rimorso o un attimo d'esitazione. Innumerevoli brindisi non necessari si susseguivano nei pochi minuti che rimanevano prima di andare a concludere la serata in spiaggia. Lui stasera non era molto in vena. Pensieri ed immagini brulicavano nella sua testa e non aveva molta voglia di festeggiare però si sa che in questi casi ogni tentativo di desistere è vano di fronte alla forte determinazione dei tuoi amici e così finisce che ti ubriachi anche senza volerlo. Il suo silenzioso farneticare è bruscamente interrotto...
Lei era nuda nel suo abito attilatissimo, le volevo sfilare ogni grammo di pelle e mangiarla viva. Nutrirmi del suo sangue, iniettarle un po' d'amore veloce. Vorrei nuotare sereno, commestibile, anzi rendermi tale, ma mi rammarico. E vivo di un'ipocondria difficilmente guaribile. La gente qui è sempre stata così, inutile cambiarla, evitare che accada il solito, irreparabile errore. Di chi ti butta addosso molta acqua e ti spruzza allegra, baldanzosa. Qui la gente ha poche parole da dirsi, molte inutili, sterili, quasi neutre. Era quel marchio a tutto, che tanto non modifichi con nessuna buona intenzione. Neppure quelle migliori. La gente, il 90 per cento, è tutta quello che dicono loro di essere, è un condizionamento reciproco, un mirarsi per ammirarsi e farsi ammirare. Per non cedere allo scrupolo, alla tentazione crescente di evolversi. Prendiamo gli insegnanti, sono deformi e la loro deformazione è la matrice su cui stilano un'idea di realtà. Quest'idea, questa "forma", per meglio dire, investe tutta la loro sfera percettiva e diventano osservatori, non sanno più guardarsi ma guardano, con quella spocchia, quel giudizio frettoloso di chi sa che la loro "fretta" è sempre "giusta", che mai bisogna fermarsi e soffermarsi. Ma che un ragazzo senza un dente è già un poverello che non i soldi per ripararselo, o che un uomo che grida è un disperato. Certa gente parla per sentito dire, utilizzano semmai pure il cinema come tappezzeria, carta da parati. Gli attori sono delle "figurine" senza corposità, senza consistenza, senza esistenza, anzi un riempitivo delle loro patetiche esistenze. Tutto assume un valore plastico. Senza dignità dell'anima. E questo mi terrorizza. Credo, d'altronde, sia più difficile essere "noiosi" che essere "frivoli", la frivolezza la compri al mercato, la danno in sconto. Il mercato di massa, dove siamo tutti "felici & contenti". Ti è morto il figlio in un incidente stradale. Non devi essere triste, devi superare il trauma e vincere la vita, con un sorriso gioviale e "falso". Hai perso l'uso delle gambe in guerra? Chi se ne frega? Oggi, vendono la retorica come afrodisiaco. Sei stato licenziato dal lavoro dopo anni di onoratissimo servizio? E che importa? Ti assumono al call center e smerci Kebab. Il dentista ti cura male un dente? Non è colpa sua, aveva troppi pazienti quel giorno. Soffri di cancro? Mettiti in lista e fai la fila. Se crepi domani dovevi accorgertene prima che avevi un cancro, perché non ti sei laureato in medicina? Già. Perché? Il perché è la domanda più vera. Ed anziché interrogare gli altri sarebbe ora di interrogarvi. L'interrogazione è un lassativo che non mi ricordo più. Preferisco il punto di domanda al nozionismo classista.
"lo scrittore è il vero martire,si fa prendere a calci in culo dalla vita e prende a calci nel culo se stesso fino a farsi inghiottire da un fiume di alcool e di inchiostro."
nella sporca periferia di milano splende la luna. cerco solo una birra, l'ultimo sorso, la testa sul cuscino e al diavolo il mio cervello. Sono solo, col mio cappello che tiene calda la testa e penso: perchè non andate tutti a farvi fottere stanotte? ho appena scopato, non è stato un granchè. Poi mi ha chiamato la mia ex. ed ho pensato all'amore, che cane. "non odi più i fiori?" "si, sempre" "come stai?" "seduto, con una birra" "sono giorni d'eccesso" "per entrambi quindi..." mi accendo una sigaretta, prima al contrario, poi le dò una sistemata ed il fumo azzurrognolo comincia a venir fuori "che hai fatto stasera se è lecito chiederlo?" "non è lecito chiederlo" "beh se sei ancora sveglio alle 5 devi esserti divertito molto..." "abbastanza, ma non del tutto soddisfatto..." povera ingenua, penso, svilirà in pura banalità la mia ben poco scontata allusione, ed infatti "non te l'ha data?" "sarei curioso di sapere per quale motivo insisti nel voler sapere come spendo le mie serate se non fosse così banale scontato e gratificante rispondersi da solo" "sono solo curiosa" "per l'appunto" rido tra me e me. e pensare che ne ero innamorato, follemente innamorato. Convivevamo da due anni, quante stronzate. l'amavo. Io sono un porco, un buffone, un banale buffone. L'amore è così semplice, è un talento: se non ce l'hai attaccati al cazzo. Io ce l'avevo. Due anni, mi scopavo solo lei. ad ogni sveglia rimanevo sdraiato sul letto per qualche minuto.lo facevo spesso i primi tempi, poi tutto diventa abitudine. Rimanevo lì immobile ed aspettavo. speravo che tutto ad un tratto qualcosa succedesse, che girandomi verso di lei ancora addormentata il mio talento svanisse in un rantolo di vomito e di disprezzo. aspettavo un'attesa.aspettavo godot. non succedeva niente. un sorriso, stretto e irto fra i denti. "dai raccontami la tua serata" "non intendo farlo" mi giro, tra le lenzuola c'è un mucchio di cenere. mando giù una sorsata possente. "mi hai detto che non è stata un granchè, spiegami il motivo..." "non constringermi ad essere ripetitivo" "tu come staresti se non sapessi nulla di me... tu, invece, sai con chi esco, cosa faccio, dove vado..." metto giù. tra le mie lenzuola giace un mucchio di cenere. La serata non è stata un granchè. Ho scopato, abbiamo bevuto. e abbiamo scopato di nuovo. poi abbiamo fumato. le ho chiesto di darmi il culo. Mi ha risposto di no. sono uscito, ho comprato una birra in un bar che sfornava calde briosche che sapevano di stazione.
A cosa pensi? Dove finiscono quegli occhi mentre mi guardano? Le tue parole sono così distanti. Ma i tuoi gesti accarezzano la mia illusione di tenerti. Dove finisce la mia verità, dove prende forma la fantasia. Quale fantasma trattiene i tuoi sentimenti, quale sogno aiuta la mia illusione. La tua voce mi aiuta a svegliarmi. Si, meglio in sogno. Ci incontreremo nel nostro mondo. Ti aspetterò anima mia. Alla luce del sole, o nel bagliore della luna.