cronaca di momenti normali @ 18 March 2008 02:01 PM


Mi lascio alle spalle la crepuscolare abitazione e mi dirigo ad un tour dei barretti per qualche aperitivo, Le parole sono ridotte al minimo storico:

“Vino bianco per favore”

“Grazie”

“Buonasera”

Questo copione lo ripeto a tutti i banconi del quartiere, fino a che non decido che le poltroncine del cinema sono rifugi confortevoli e caldi per una sola ragazza ubriaca.

Il film in programma non mi piace affatto, solita storia di americani che si ammazzano ma a quel punto volevo i pop corn cosi prendo il biglietto ed un secchio di pop corn e mi siedo al mio posto.

Accanto a me c’è un ragazzo molto carino che fa battute sceme al suo amico dalla risata fastidiosa, quelle risate femminili e stridule, più ihihih che ahahah, davanti ho una coppia decisamente antipatica di adolescenti che si baciano, sbuffo, e mi infilo una manciata di popcorn burrosi in bocca. Uno mi si pianta nella trachea e per poco non mi strozzo se non fosse che il tipo carino mi passa un bibitone. È aranciata, io odio l’aranciata. L’accetto volentieri , poi gli restituisco il bicchiere con un “obbligatissima”, lui ride e la sua risata è ahahah. Si presenta, nome rimosso, mi presento, non ricordo se con il mio vero nome, ed il film comincia.

Finiti i popcorn mi addormento mentre sullo schermi continuano a spararsi.

Mi sveglia scuotendomi leggermente e mi annuncia che il film è finito ed anche i titoli di coda ma che comunque non mi sono persa nulla, dice se lo voglio accompagnare a fare una passeggiata, penso che non sarebbe male ascoltare la sua risata, io sono brava a far ridere. Poi mi domanda che ci faccio tutta sola al cinema di venerdi sera, gli dico che ho da fare e torno a casa.

Il pisolino al cinema mi ha tolto tutto il sonno dal cervello ma n on i pop corn dallo stomaco, al bagno vomito tutto.

Sento freddo , quel particolare freddo dalle mani calde, mi avvolgo in uno scialle di lana e mi siedo senza sapere cosa pensare.

Sono sola ed è giusto cosi.

Bukowski ha scritto che le persone di talento sono quelle con cui è semplice andare d’accordo perché devono mantenere i momenti peggiori per quando sono sole.

Io vado d’accordo con tutti ma il mio talento è dubbio come il gusto dei partecipanti dei reality show, vatti a fidare di quel vecchio caro ubriacone!

Comincio a lacrimare, lacrime silenziose, come provocate da un moscerino e non dal dolore, i gemiti ed i singhiozzi restano confinati in gola, territorio di rospi, parole morte e talvolta di popcorn.

I gabbiani gridano.

Mi infilo sotto la doccia dissestata mi insapono e infine mi cospargo olio profumato, mi vesto con cura con una fantasia di fiori, mi infilo il soprabito ed esco, i netturbini mi lanciano un fischio, li saluto con una giravolta ironica.

Arrivo al mercato di Campo dei fiori, sono le sette del mattino ed è deserto, compro i miei fiori preferiti, viole e fresie, al banco delle spezie prendo menta e curcuma, dal fruttivendolo arance cavolo nero carote e mele.

Le buste sono pesanti e le porto con fatica lungo Via Giulia, annuso i miei fiori ed esce l’ultima lacrima.

Sono un po stanca cosi faccio una sosta sul muretto accanto a Castel Sant’Angelo lasciando il tiepido sole a bagnare il mio viso.

Mangio una mela, sento il profumo dei fiori.

Sto meglio.

Una ragazza mi passa davanti con troppo trucco sulla faccia, forse si è truccata alla pallida luce del neon del suo bagno, forse per nascondere un acne giovanile o le brutture del mondo o forse per conquistare un uomo… assorta in questi pensieri mi accorgo in ritardo che due giapponesi mi stanno fotografando.

Certo dovevo dare un immagine davvero folkloristica “giovane donna con frutta e fiori lungop il tevere”

Quanta poesia in questi dementi che fanno 25 minuti in ogni capitale europea per portare 5000 foto in Giappone. Una rabbia inconsueta mia assale e li minaccio con il cavolo nero in mano… quanta poesia.

Torno a casa.
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