SONO UN MORTO UBRIACO CHE CANTA AMORE @ 21 April 2008 08:05 PM
Morditi la lingua. Valentina, morditi la lingua. Imbarazzo, confusione. “Me l’aspettavo. Già l’avevo capito, si vedeva, Vale.”. Credevo d’essere di marmo. No, sono acqua. Mi mordo le mani. Sono agitata. Mi sento stupida. Mi sento come un bicchiere rotto. Mi sento come un cucchiaio piegato su se stesso. Gettatemi via. Non volevo. Non volevo. Perché il mio Dentro deve sempre decidere tutto lui? Gli osservo la maglietta. Gli osservo i piedi. Mi osservo le mani. Devo bere. Devo risciacquare tutto. Eliminare le prove. Candeggiarmi la lingua, il cuore, la fica. E già lo sapevo che sarebbe andata così. Masochista fino in fondo. Avevo già mille scuse per poter dire addio al mondo. Mi mancava giusto questa? No, ho imparato che, in fondo, non si risolve granché così. Anzi.
Il sole ci punta. È pomeriggio tardo. Il sole muore a Milano prima che in altre città. Il cielo abortisce di fronte a noi, mentre, con le mani che giocano alla cavallina, piango dietro questi occhiali enormi. Forse da fuori potrebbe sembrare una risata isterica. Magari potessi ridere. Ci salutiamo. Lui è buono. Lui mi capisce, perché sta uguale a me. Ma io non vorrei sentire certe vibrazioni. Stomaco sta calmo. Stomaco, buono. La serata scorre veloce, senza lui. Cerco di leggere a questo reading, ma sono troppo ubriaca. Mi sto logorando dentro. Non voglio più sentire nulla. Ma invece sento solo nausea. Anche il giorno dopo, passa veloce. Ma dentro si contorcono le spine del mio cuore di Cristo. Sanguino malessere. Fuori: la stessa ragazza vivace. Un ritorno in treno. Un ritorno fatto di nervosismo, di stomaco distrutto. Un ritorno fatto di corse al bagno a vomitare tutto. Un ritorno, che si conclude con la gettata finale, appena uscita dal vagone. Fino alle lacrime. Fino alla bile. Perdo sangue dal naso. Ho voglia di corrodermi per sempre. Ho voglia di sparire. Di spalmarmi sui binari, attendendo la folata finale di vento. Attendendo il rumore più atroce. Schiantarsi nell’aree.
Uscii di casa. Salii sull’auto. Era lunedì. Ed anche al lunedì, quando vuole, lo stomaco ti prende a calci in pancia. Mi accesi una sigaretta. Lavoro. Lavoro. Andiamo a morire. Lavoro. Guidai distrattamente, fino al cancello della ditta. Nella mia testa solo quelle immagini di sabato. Istantanee di tragedia. Dov’è finita Valentina?
21apr08

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