Cinesi e frigoriferi @ 24 July 2008 02:05 AM
La televisione fa da tramite tra chi vuole venderti qualcosa e chi è abbastanza pigro da accettare quel che ella dice. Il gingle suona nella mia stanza e mi vergogno di me stesso, della cerchia di persone che lo sentono, di coloro che lo acquisteranno. Però la televisione è accesa.
Scendo a predendermi una birra, è calda, il frigo è rotto. Di nuovo. L'ho cambiato un mese fa. La commessa del negozio di elettrodomestici mi aveva quasi pregato di pagare la garanzia come se sapesse cosa sarebbe successo, ma io, forte della fiducia nella tecnologia non l'ho ascoltata, risparmiando qualche euro che ora non bastano per un'altro frigo nuovo. Ed ora, senza frigo, ad agosto, le cose si mettono male.
Esco di casa, con la preoccupazione di chi non ha più un frigorifero nel quale conservare il cibo. E' una sensazione brutta, un pensiero in più oltre a quello dello sciaquone del cesso che funziona a giorni alterni. Esco di casa, e gironzolo un pò nel quartiere dei cinesi. La puzza di fritto, le insegne rosse, quegl' animali squoiati sulle vetrine, tutti più bassi di me, i sorrisi incazzati ma sicuri, poche cazzate però, la sicurezza gliela senti sulle porte a questo popolo. Guardo in basso e cerco di carpire tutti gli odori. Troppi. E intanto il mio burro si sta sciogliendo mischiandosi con le cipolle quasi calde nel mio frigo. Domani ci sarà da lavorare, domani.
Passo il quartiere giallo. La comunità è troppo inclusiva da queste parti. Al primo bar nella strada successiva prendo una birra. E' gelata. La bevo, penso a domani, cosa fare, cosa dovrei fare, cosa non dovrei fare, poi mi suona il telefono, anzi vibra. E' Taylor, è con altra gente, è euforico, è tutto ciò che non mi serve. "Ho il frigo rotto" dico, "non so se ho voglia di far baldoria" dico, "e poi le baldracche? Ce le hai le baldracche? No che non c'è l'hai le baldracche. Che vengo a fare?", chiudo. Finisco la birra e torno nel quartiere cinese. C'è un vecchio, col viso da saggio cinese, consumato dal sapere, seduto su degli scalini del retro di un ristorante. E' circondato da sacchi d'immondizia. Mi siedo su di uno scalino sottostante il suo. Il vecchio mi guarda, con quella sicurezza del cazzo. "mi s'è rotto il frigo un'altra volta" dico, silenzio. "una sigaretta?" dico, offrendogliene una. Il vecchio la prende, mi toglie l'accendino di mano e l'accende. "sei finanza?" chiede. "no, non sono finanza", dico. Il vecchio mette una mano in tasca, i pantaloni sono lerci, di un colore che vagamente ricorda il marrone. Intravedo nel suo volto l'espressione di sicurezza lasciarsi andare alla mia ingenuità ed assumere quella di tristezza. Tira fuori dalla tasca qualche foglia verde scuro. Ne infila una in bocca e inizia a masticare. "mangia" dice, e io ne prendo una e inizio a masticare. "tabacco?" dico. "no, droga cinese" dice il vecchio con fare quasi scocciato. Come quando la routine di un qualcosa ti logora di noia.
Mastico. Il sapore è amaro, a tratti insapore, poi di nuovo amaro. Una signora alta poco più di un metro ci passa davanti con tre sacchi enormi d'immondizzia e li sbatte contro un muro. La sirena dell'ambulanza echeggia lontano, per ricordarci che facciamo parte di una metropoli. Sputo. Solo dopo che il vecchio abbia sputato ovviamente. Poi silenzio. Silenzio. "mi s'è rotto il frigo cazzo!" dico, "due volte cazzo" dico, silenzio. "non è che c'ha due birre al ristorante? le pago io" dico. E il vecchio ride, ride forte, perdendo tutta l'aria del saggio. E comincio a ridere anche io. E la signora ripassa con altri due sacchi e la vedo appena. Ora c'è una nebbia fitta, e la sirena dell'ambulanza urla nelle mie orecchie, mischiandosi alla risata del vecchio, sempre più inquietante, sempre meno orientale, sempre più triste. "la birra?" dico, "no birra" dice, "sake" dice, "sake giapponese" dico, "tu non capire un cazzo" dice il vecchio ridendo come un ossesso. E inizio ad aver paura, le luci rosse sono sempre meno, vedo ombre, montagne di sacchi neri che m'osservano, pensieri s'accavallano, suoni orientali s'interpongono tra le sirene e le risa. Mi alzo. Cado. Il vecchio non ride più. Silenzio. Tempo indefinibile. Ore, anni, decenni. Una certezza. Il mio frigorifero è rotto. Cercavo una guida spirituale, domani chiamerò il tecnico per aggiustare il frigorifero. C'è poco da fare, i tempi sono cambiati, i nuovi "guru" sono gli esperti in elettodomestici.
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