Cara, ma perché le tue scarpine non puzzano? @ 14 February 2009 08:05 PM

Visto, e considerato, che quando entravano in un negozio di loro piacimento s’intrattenevano dai 60 ai 90 minuti, ed altrettanto visto – e considerato – che generalmente in un negozio di scarpe non c’erano orologi, ed in uno di orologi non c’erano scarpe, estraevano a sorte a chi toccasse scegliere per primo.
Usavano sei dadi di legno comperati in trentino. Vinceva chi arrivava per primo a tre:
- Dai, tira, che altrimenti si fa sera.
- Aspetta e taci…lasciami soffiare sui dadi: non lo sai che così facendo puoi attirare i sei! – affermò Rossella Uaro in Manzoni.
- Per favore… - disse Arturo Manzoni aprendo le mani in segno di protesta.
- Allora…accidenti: ho fatto sei, ma con sei dadi…tieni, tira tu…forse la combinazione si ripeterà.
- Aspetta e spera…toh, cinque uno, ma un due: 7. Ho vinto, siamo uno a zero. ritira…magari senza soffiare… - risata sguaiata del marito.
- Ha, ha, ha…che ridere… - disse la moglie tirando subito i sei dadi – Allè: 36!

Lui li prende e tira:
- Accidenti a te! Uno a uno.

Ritira subito lui, ma prima che possano contare il risultato dei sei dadi con tutti un numero diverso, Birillo, il piccolo cucciolo di Bassotto, autentico tedesco, saltò sul tavolo facendo volare i sei dadi, in almeno cinque direzioni diverse.
- Vaff…

Prima che potesse finire:
- Taci…niente parolacce in questa casa… - disse Rossella Uaro in Manzoni, prima d’assestare al marito un ceffone a mano aperta che gli spostò il ciuffo da sinistra a destra.
- Ma cara… - provò a protestare quasi piagnucolando e tenendosi la mano sulla guancia che cominciava ad apparire come una bistecca di filetto di cavallo adulto leggermente in putrefazione.
- “Ma cara” un corno, raccogli i dadi. Tiro annullato, siamo sempre uno a uno. Però lancerò prima io. Ok?
- Ok – e mentre lo ripete come un pappagallo, è carponi alla ricerca del sesto dado che deve essere finito sotto il divano, ma sul fondo vicino al muro.
- Quanto ci metti? È tardi, fortuna che ero io a ritardare l’uscita!
- Che ci devo fare: lo vedo, ma non ci arrivo…per un pelo, ma quanta polvere che c’è…

La signora Rossella Uaro in Manzoni s’alzò, andò in cucina e prese una scopa.
- Tieni, prendi questa! –

Il marito venne fuori da sotto il divano veloce come un meccanico da sotto una macchina:
- Sì, cos’è…ah, sì, grazie… - e ritorna sotto, in mezzo alla polvere.

Pochi secondi ed eccolo fuori con il dado avvolto nella polvere e nei peli del cane.
- Su, su…vieni, ora ti faccio vedere io… - Rossella Uaro in Manzoni stava già soffiando sui primi cinque dadi da alcuni minuti.
- A forza di soffiare, li consumerai quei benedetti dadi…tieni anche questo… - e mentre lo passava, lo puliva con l’altra mano.
- Li consumo? Ora vedrai…ecco: 35! Tieni se hai coraggio!
- Che vuoi dire? …perché, piuttosto, non vai di là, e prendi, di qua, due birre?
- Guarda, ci vado per il bel gioco di parole, ma nel frattempo non truccare i dadi, intesi? – lo guatava senza spostarsi di un millimetro, alla fine lui dovette cedere.
- …intesi… - rispose lui mentre prendeva in mano i dadi con un’espressione di estrema stanchezza. Stanchezza per non far nulla tutti i santi giorni, e nel contempo essere lo stesso, sottomesso a qualcuno: quell’arpia di sua mogie Rossella Uaro in Manzoni! Buona solo a provare ed a comperare scarpe, ed ancora scarpe.

Lei tornò con le due birre in bottiglia, ne porse una al marito e si scolò in un’unica sorsata metà della sua:
- Bene, tira, o fai 36 o hai perso il giro… - il suo tono è intimidatorio.
- Ecco vediamo…30, hai vinto…siamo due a uno per te…vado a far uscire Birillo, senti che cagnara sta facendo.
- No, lascialo, ancora un tiro ed avrò vinto!
- Ne sei così sicura? – disse Arturo Manzoni poco sicuro sulla non sicurezza della moglie in fatto di vittorie ai dadi.

D'altronde lei doveva provare un’infinità di scarpe prima di decidersi quali comprare. E visto, e ancora – considerato – che ne comperava la media di 10 al giorno, figuriamoci quante ne provasse in un negozio.
- Certo che ne sono sicura: ti faccio tirare anche per primo, così sei contento…tieni – gli porse i dadi, ma nel momento del passaggio ristrinse la mano, così che lui divenne rosso, anzi paonazzo nell’attesa. Lei lo guardava diritto negli occhi prima di decidersi a riaprire la piccola, eppur portentosa mano.
- Allora cara, mi sto concentrando: 1…2…3: toh, 6,5,3,1,1,1: 17. Non malaccio, vediamo tu ora… - finisce come se il 17 fosse un numero imbattibile, e si scola tutta la birra immaginandosi nel mentre la moglie dentro il negozio di scarpe mentre fa impazzire il commesso o la commessa di turno.
- Allé…ancora 36. Sei pronto per lo shopping? – domanda lei arcigna.
- Beh, abbiamo tutta la vita, o no?
- Spiritoso, spiritoso…vado un momento al bagno, poi andiamo.

Arturo Manzoni si fece più rosso di quanto non fosse: “un momento” di sua moglie poteva voler dire un’ora o più…se era in vena di farsi bella, anche due…
Incredibilmente 15 minuti dopo uscì dal bagno.
- Andiamo amore… - e gli diede un bacio su di una guancia. Ma subito seguito da un manrovescio tra capo e collo.
- Ahi… - disse solo Arturo prima di chiudere la porta con quadruplo giro di chiave blindata. C’era anche il cancelletto, altro quadruplo giro. La moglie era già, impaziente, sul lato destro della Porche.
- Sempre gentile ad aspettarmi… - disse lui mentre partì rombando.

La signora Rossella Uaro in Manzoni, non replicò nulla: le scarpe non potevano attendere nemmeno nei suoi pensieri.
Il negozio scelto era un enorme emporio, con scarpe popolari – anche a 3 euro – ed altre per vip, dal costo modico di circa 1500-2000 euro. Nelle due precedenti volte che c’erano stati era stato orribile per Arturo. Disastroso poi riscoprire che non accettavano carte di credito. Uscire, andare al bancomat, estrarre la carta dal portafoglio, digitare il codice pin, attendere, scegliere la cifra, riprendere la tessera, rimetterla velocemente nello spazietto adibito nel portafoglio, ritirare le banconote, metterle nel portafoglio, e non sapere se sarebbero bastate per la moglie.
Insomma un “vero” lavoro, per lui che è abituato – sempre – a pagare con la carta, così, senza sforzo. Ritorna in negozio, la moglie per il momento ha scelto solo un paio di scarpe: Nike Air.
Sta provando un mocassino classico, di camoscio, marca X. Non le piacciono: la marca è troppo anonima, che cazzo di marca è “X”, chiede al commesso con la sua voce stridula.
- Signora è una marca come un’altra, made in Jappan…e sembra di ottima fattura… - replicò il commesso piegando in due la suola, continuando:- …anche considerando il prezzo: 35 euro!
- Lasci perdere, me ne trovi un paio simili, di…magari di pitone, sì, un bel paio grigio…

Il commesso interdetto, preferì non replicare anche perché vide Arturo Manzoni affiancare con sguardo scocciato la moglie.
- Allora cara, cos’hai preso per ora, nulla?
- Sempre più simpatico…no, ho già preso un paio di Nike Air…
- Tanto per cambiare parti con quelle da ginnastica…che poi non fai mai…ah, ah…
- Stupido, non capisci la moda: un bel paio di Levis più Nike uguale donna sportiva, ma con un tocco di classe…
- Beh, se sei sicura tu…vado a fare un giro al reparto maschile… - e s’allontanò veloce.

Lei a urlargli dietro:
- Sì, ma non ci mettere molto, torna subito così mi potrai consigliare, ehm… - concluse mentre il commesso tornava con tre tipi diversi di mocassini in pelle di pitone.
- Questi sono più economici, come vede le zigrinature della pelle sono più rarefatte, meno a scacchi, poi questi altri sono una via di mezzo…
- Voglio provare quelli lì, che sono più a ragnatela: pitone migliore…
- E anche molto più costoso… - disse il commesso con l’aria del bravo risparmiatore che cerca d’aiutare gli altri, anche se clienti.
- Non me ne frega un cazzo del prezzo, voglio – e li indicava con l’indice sospeso in aria in circonvoluzioni sempre più veloci - …voglio provare SOLO QUELLI LI’! – urlava dentro al silenzioso emporio.
- Va bene,signora, mi scusi, non s’arrabbi…
- Io non m’arrabbio: è lei che vuole farmi comperare la merce più scadente… - così dicendo strappò di mano al commesso il mocassino destro.
- Ok, signora…torno tra un po’… - disse allontanandosi il commesso-studente oramai al limite della sopportazione.
- TRA POCO…anche lei non stia via tanto come mio marito…che sarà mai: faccio scappare gli uomini oggi?

“Tutti i giorni, presumo…” pensò il commesso che seppur lontano aveva sentito la stridula voce della signora Rossella Uaro in Manzoni, un nome, un programma!
Il marito conscio che se non fosse tornato sul giro di cinque, dieci minuti avrebbe avuto problemi per tutto il giorno, riapparve alle spalle dell’”amata” consorte. Stette silenzioso e immobile per qualche secondo a sentirla sbraitare da sola, osservando le scarpe, che seppur le piacessero molto, avevano una cucitura che sembrava fallata.
- Cara, cara…quando sceglierai il secondo paio: domattina?
- Oh, che spavento…cretino, vieni qui piuttosto, guarda: non ti pare che questa cucitura sia fallata?

Arturo Manzoni si lasciò sedere di peso al fianco della moglie capricciosa:
- Non mi sembra, è solo un punto un po’ più lento degli altri…
- E tu, le compreresti lo stesso…dillo! Ti fai sempre infinocchiare, ecco la cruda verità! –

Ma la cruda – anzi costosa – verità, era che lei, tutti i beati giorni, gli faceva spendere dai mille ai tremila euro in scarpe; forse nemmeno la Regina d’Inghilterra…
- Quanto costano? Considerando che pensi ci sia un fallo, dal prezzo potrai dedurre se sono convenienti.
- Anche tu! – urlò lei.
- Cosa?
- Anche il commesso mi vuol mettere in testa la convenienza, ma il commesso è uno schiavo e tu…tu sei Arturo Manzoni, ma non ti vergogni? – lei sbraitava più che mai.

Alcune persone s’erano avvicinate. Per sentire meglio, facevano finta d’interessarsi alle scarpe di quel reparto. Scarpe impensabili per i loro stipendi da lavandare o operai.
- Guarda…stai dando spettacolo… - disse lui sedendosi oramai perduto. Se dopo quaranta minuti non erano nemmeno al secondo paio, figuriamoci per arrivare alle circa dieci paia che di solito acquistava giornalmente sua moglie.

Fortuna che il commesso-studente, mezzo schiavo, s’avvicinava di nuovo.
- Signora, queste sono di suo gradimento?
- Quanto costano?
- Milleventotto euRI.
- Euro…euro… - occhiataccia al marito – ok, le prendo…me le metta assieme alle Nike, intanto vado a vedere laggiù: reparto tacchi alti! – e così dicendo caracollava già tirandosi dietro il marito tenendolo per la giacca.
- Oh, guarda queste…nere con tante perline, sembrano diamanti, non trovi siano sexy? –
- Beh, pensando a quelle che hai appena comperato, non ho più parole, mi manca lo stimolo…
- Amore, non ti starai “mica” lamentando per poco più di 1000 euro?
- Nooo…sia mai!
- Ah, perché mi sembrava…signorina…signorina, quanto costano queste? – chiese Rossella Uaro in Manzoni più focosa che mai: aveva letteralmente bloccato il passaggio ad una commessa. Che non voleva saperne:
- Non sono di questo reparto ed ho finito il mio turno, mi fa passare prego…
- Come, lei lavora qui e sta a guardare cinque minuti di sforamento dall’orario di lavoro?
- Non sono cose che la riguardano, ed in qualsiasi caso le ho già detto che non sono di questo reparto…

Intanto s’avvicinava l’addetto al reparto. Rossella l’intuì e tocco il fondo:
- Ah, è lei, sarà mezzora che cerco qualcuno in questo reparto, che fa, sta sempre a cagare?
- Ma vada lei… - e la commessa s’allontanò.
- La richiami…ha sentito cos’ha detto la sua collega…voglio il direttore, subito…

Il commesso - che era un timidone - rimase paonazzo e non riusciva ad aprire bocca. Arturo manzoni intervenne per smorzare l’indegna scena:
- Cara, per favore, queste, tu volevi sapere solo quanto costano queste… - e ne prese una in mano - …scarpine con i brillantini – e rivolto al commesso - …quanto costano?

Lui, dopo un attimo d’ulteriore immobilità facciale, riuscì a bofonchiare:
- Milletrecentoventisette euro e novanta centesimi ma con lo sconto: milletrecento tondi tondi.
- Le prendo… - esclamò Rossella Uaro in Manzoni gesticolando incomprensibilmente verso la commessa che era ancora visibile sulla scala mobile.
- Ok, cara…affare fatto… - disse il marito sorridendole. Era contento: un minimo d’ascendente su di lei l’aveva ancora.
- Grazie maritino mio… - e gli scoccò un bacio sulla guancia. Ma intanto pensava “Quanto sei stupido e .......” ma nel pensiero auto-censurò una parola, avendo paura di parlare a voce alta senza accorgersene.

Lui si gonfiò a dismisura. Infatti la moglie era quello che era, ma era anche un tocco di gnocca spaventosa. Il commesso s’allontanò silenzioso: gli era venuto da cagare. Se lei avesse intuito…
- Arturo guarda quel cacasotto …dove cazzo va?
- Ma che t’importa? Ti ha detto il prezzo, hai deciso di prenderle, basta…puoi andare alla cassa… - così affermando Arturo sperava che la moglie si confondesse e che sarebbero quindi usciti dopo solo il terzo paio comperato; infatti lei ne aveva acquistate già due da mille euro il paio…andando avanti di questo passo sarebbe dovuto tornare al bancomat e rischiare pure che si sforasse con l’erogazione possibile in un giorno solo…allora sì, che lei si sarebbe incazzata a dismisura se non avesse potuto portare fuori dal negozio un paio di quelle già scelte. Ma come per miracolo rispose:
- Ok, let’s go, andiamo… - e così dicendo si diresse con passo sicuro verso l’uscita da cui oramai erano usciti almeno diecimila volte.

Durante il tragitto verso il negozio d’orologi lei s’appisolò. Era strano perché di solito in macchina stava a rigirarsi tra le mani le scarpe appena comperate, trovandovi sempre nuovi difetti, poi proponeva al marito di tornare indietro per riconsegnare la “scarpa con un evidente vizio di fabbricazione”, come affermava sempre lei con il volto in fiamme. Ma Arturo non ci cascava e proseguiva spedito verso i suoi acquisti del giorno. Ma quel giorno lei stava beatamente dormendo al suo fianco. Era per Arturo qualcosa d’assolutamente inaudito. Allora gonfiando la voce in modo che se non avesse compreso, si sarebbe almeno svegliata, le disse:
- Cara, cos’hai…STAI MALE?
- Nooo, guida, tutto ok, non ho dormito bene stanotte, dopo quando saremo al negozio se non ti dispiace torno a casa in taxi prima…
- Come vuoi, ti porto ora?
- No, tra un po’ mi sveglio, poi vedrò io il da farsi, non ti preoccupare davvero… - e gli avvolse accarezzandola la mano sul cambio.

Lui sorrise e si concentrò sulla strada. Come al solito aveva vinto lei, perché se lei fosse tornata a casa prima, lui avrebbe almeno potuto guardare con tutta la cazzaccio di calma che voleva, i suoi amati orologi. Al pensiero accelerò e schivò una macchina davanti che si era fermata di colpo per il passaggio del semaforo dall’arancione al rosso. Passò con il rosso e sterzò sulla destra bruscamente come se dovesse scappare da qualcosa o qualcuno. E in effetti prima fosse arrivato, e prima forse, si sarebbe liberato della moglie.

NEL NEGOZIO

- Caro, mi dispiace, ma io ho già chiamato un taxi dal bagno, ci vediamo quindi a casa…DAMMI UN ORARIO PRECISO: così non penso siano dei ladri ad aprire… - il suo tono era imperativo: prima dell’orario che Arturo avrebbe deciso, LUI NON DOVEVA ASSOLUTAMENTE rientrare in casa. (bell’idea quella della signora Rossella Uaro in Manzoni, non è vero?)
- Verso le venti?
- Facciamo le venti e trenta, così sono sicura che farai a tempo anche nel caso di un ingorgo o incidente mortale sulla statale…ah, ah…ah…
- E che c’è da ridere? Guarda che gli incidenti possono capitare anche a noi!
- Appunto… - rispose subito lei sommergendolo con la sua risata stridula e soprattutto forzata; ma poi si riprese in corner: - Scherzo, stupidone… - e gli diede un bacio sulla guancia - …scherzo, ma vai piano MI RACCOMANDO non prima delle venti e trenta spaccate, anzi dimmi che ora fa il tuo orologio, il mio fa le 15.35 quasi 36.
- Ma cara…
- No, no guarda, non si sa mai…
- E va bene: il mio fa le 15.45 precise
- Hai visto: sei dieci minuti avanti, quindi se non avessi controllato saresti arrivato dieci minuti in anticipo…dai, mettilo indietro, voglio controllare.
- Mi sembri esagerata, ma ok, guarda…conoscendoti potresti fare bizzeffe se io non fossi puntualissimo… - e così dicendo Arturo sincronizzò il suo orologio su quello della moglie; “ma lasciamolo solo un minuto avanti, perché se poi fosse arrivato in ritardo anche di un solo minuto, sarebbe stato ancora peggio…”

Lei uscì di filato dal negozio.
- Neanche un bacio mi dai? – chiese Arturo mentre la vedeva immergersi nella porta girevole. Lei, avendo sentito, gli scoccò un bacio volante, prima baciandosi il palmo della mano e poi soffiando in direzione del marito, che con un sorriso ebete stampato in volto, fece la finta d’acchiappare il bacio al volo.

Un commesso dietro il bancone assistette alla scena, per non far vedere le lacrime che gli erano venute dal ridere si volse facendo finta di dover cercare un orologio. Arturo si ricompose subito e gli domandò:
- Scusi, quanto costa quello lì con i diamantini?
- Ventimila euro.
- Ok, lo prendo… -



Rossella Uaro in Manzoni arrivò a casa dopo pochi minuti. Aveva ORDINATO al tassista di fare più presto possibile e per accomodarlo, - avendo notato il suo volto scocciato dallo specchietto retrovisore – gli passò una banconota da cinquanta euro, e avendo notato di nuovo che ancora non era sereno, gliene passò un’altra da cento. Dopo di che in pochi minuti l’aveva portata a casa in un tragitto che solitamente richiedeva almeno quaranta minuti.
Lei entrò e mentre si dirigeva in bagno, si spogliò lasciando la scia dietro di sé delle sue scarpe, abiti, e biancheria intima…
- Puoi venire…in tutti i sensi, ah, ah, ah…ho lasciato la porta socchiusa, segui i miei abiti e mi troverai… - disse solo in una telefonata prima d’attaccare il ricevitore; non lasciando quindi all’interlocutore la benché minima possibilità di replicare. Evidentemente, la persona all’altro capo del filo, era al corrente di doverla incontrare proprio quel pomeriggio se tutto fosse andato per il verso giusto. Ed evidentemente così era stato.

Pochi minuti dopo lui arrivò, entrò, e cominciò a seguire gli indumenti.
Stranamente pensò che le scarpe erano l’ultimo oggetto, che vide essere davanti alla porta del bagno. Allora si soffermò, ne prese una in mano e se la portò sotto le narici. Diede prima una debole poi una lunga aspirata e la lasciò cadere disgustato. Vide dietro la porta vetrata del bagno l’ombra della sua amante, volse lo sguardo sulla destra e notò altre due paia di scarpe sotto il letto matrimoniale.
Furtivo entrò nella camera facendo attenzione se lei l’avesse sentito e se stesse quindi uscendo dal bagno. Tutto tranquillo.
Raccolse dapprima un paio, odorò velocemente la destra e con più attenzione la sinistra. Con espressione sempre più disgustata le lasciò cadere così come venne. Ne prese poi solo una dell’altro paio ed aspirò compulsivamente come uno sniffatore di cocaina completamente intossicato da tempo. Scagliò la scarpa lontano, facendola atterrare dall’altra parte del letto. Cercò di mascherare il più possibile il suo disappunto poi si diresse veloce verso il bagno, ed aprì la porta socchiusa. Lei era tutta nuda e si stava sciacquando.
- Vieni caro, ho fatto prima possibile…
- Ok, vengo VENGO subito da te… - ed in un battibaleno anche lui era ignudo come mamma l’aveva generato.

Copularono tre volte, la prima in bagno e le altre due sul letto matrimoniale. Dopo si riposarono un po’ poi lui prese coraggio:
- Cara, avrei… - ma tentennava: erano amanti da mesi, ma ancora non le aveva detto tutte le sue idee sul sesso e sulle attività connesse che a lui eccitavano molto.
- Dimmi, non aver timore…
- Cara, ma perché le tue scarpine non puzzano?

Lei rise a squarciagola, non riusciva a fermare il torrente che si divideva in più rivoli, e le scendeva dalle guance.
- Be’, se ti sembro così stupido posso anche andarmene… - lui aveva pensato che lei intuendo la sua mania lo stesse prendendo in giro. Fece per alzarsi di scatto. Lei gli sbatte la mano sul petto con uno schiocco:
- Vieni con me, capirai, dai seguimi.

Uscirono dalla stanza e percorsero il corridoio. Lei si fermò davanti una porta e l’aprì. Come per incanto invece di una stanza apparve un ascensore. Entrarono e salirono. La logica ora voleva che sarebbero usciti almeno in un pianerottolo ed invece…
Le porte dell’ascensore s’aprirono. Rosella Uaro in Manzoni continuava a sorridere.
Davanti a loro c’era una grossa cassaforte.
Lui stupito non si trattenne più:
- Ma che cos’è: da un ascensore ad una cassaforte…che gioco è mai questo?
- Aspetta… - lei cominciò ad armeggiare, con l’occhio sinistro sceglieva i numeri, che digitava ma coprendoli con il palmo, e con l’occhio destro controllava l’amante.

Poi la cassaforte s’aprì. Un’enorme stanza sembrava ampliarsi all’infinito. Insomma era talmente ampia che non si vedevano i muri che delimitavano l’altro lato.
Era più un magazzino che una stanza…ed era pieno zeppo di scarpe da donna perfettamente allineate. In ogni paio vi era un numerino a contrassegnarlo.
- Adesso capisci perché le mie scarpine non puzzano?
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