A te... @ 13 October 2009 10:11 PM
A te dicono, a te cambierà poco, quasi niente eppure qualcosa può darsi rimane, qualche frammento, fogli sparsi, calcinacci come ricordi.
Per quella sera di certo è che è passata e non ritornerà più e poi di tutto il resto ce ne possiamo pure fregare.
Lascia stare cosa ci siamo detti, è già difficile ricordarlo e poi sono sicuro che se ci pensi bene o non ti viene in mente o sembrano tutte cazzate.
Alla fine le parole si ripetono, sono sempre quelle, le sputi una notte e poi pure quella dopo.
Allora dico ti penso, e mi domando cosa stai facendo, me lo chiedo mentre io non faccio niente, non ho niente da fare; ma tu che sei occupata forse in fondo sei più libera di me
Io adesso sono seduto, su una sedia che è anche un posto qualunque e qualcuno a breve potrebbe domandarmi “Ehi, che cazzo stai scrivendo, sei impazzito forse!?” ma a me interesserebbe poco, cosa ne sanno gli altri di quanta birra hai bevuto
e la birra si beve in bicchieri oppure te la scoli direttamente dalla bottiglia ed ogni bottiglia o bicchiere suggerisce una frase nuova, dialoghi che durano anche due parole, lo sforzo di qualche sillaba in un eccesso di spontaneità
e abbiamo bevuto insieme questo si me lo ricordo bene
“Ciao Chiara come stai? Sono Alessio, ti ricordi di me? Ci siamo conosciuti in un locale, come mi piacerebbe risentirti…ma non sono queste le parole di quella serata, della nostra vita, si vita, perché noi abbiamo vissuto e consumato tutto in qualche ora
“Ciao Chiara come stai? Sono Alessio e se non ti ricordi è uguale, ci siamo conosciuti per strada poi abbiamo bevuto insieme, in un locale dove non saprei ritornare, siamo stati bene, ogni bicchiere ci sentivamo meglio poi alla fine lo sai o si vomita in un cesso o si ci si vomita addosso ed io qualche “zoccola” di troppo devo averla vomitata”.
E adesso che da tre giorni navigo su una barca di ventotto metri dove in venti ci si sente stretti e da guardare c’è sempre questo cazzo di mare e costa, ti confesso che ti ho pensata:
torno indietro, guardo alle spalle, nella speranza di cavarne qualcosa di buono da quella nebbia fitta di tante notti passate, cerco la nostra, ecco l’ho trovata, ma no, non è lei, questa puzza di vino, c’è la luce gialla di un lampione, lo specchio appannato di un qualche locale, il mio amico appoggiato ad un albero, guarda la terra che è nera, lo stesso colore del cielo perché a volte è cosi, certe notti cielo e terra hanno lo stesso colore, il colore della confusione.
Arrivederci dottoressa, chissà se anche tu, qualche volta, fra Agrigento e Madrid, non avverti un po’ di confusione, quel poco da farti fermare e chiederti: “Ma poi, alla fine, di tutto questo, dei nostri incontri, cosa resta?”

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