la mia ultima volta @ 15 January 2010 12:40 PM
Festeggiammo insieme il mio compleanno, era una sera fresca di settembre, il padrone del b&b che oramai ci conosceva, per l’occasione mi offrì la mansarda al posto della solita camera e mi salutò abbozzando un sorriso, così state più tranquilli mi disse quasi a volersi giustificare.
Era nell’aria fin da luglio questo trasferimento, Ema si era anche offerta di aiutarmi a trovare casa, non che il mio nuovo lavoro si svolgesse vicino a lei, ma avrei volentieri affrontato 40 minuti d’auto al pensiero di tornare a casa e di trovare non dico lei ad aspettarmi, quanto piuttosto i segni del suo passaggio; già mi figuravo di dedicarle un’anta dell’armadio, col suo pigiama e le ciabattine …
Ora che la notizia era sicura e che da metà ottobre avrei preso servizio, il suo entusiasmo s’era spento; non è che non mi volesse tra i piedi, diceva, era che non voleva abituarsi, rendere quotidiano questo menage, fidanzato e amante, voleva trovare la forza, diceva, di mollare tutto e venire da me, non di nascosto o solo di passaggio. Belle parole, ma in sostanza non mi volva tra i piedi; molto meglio una volta a settimana o già di lì per chiudersi in una camera e scopare. Accidenti senza accorgermene ero diventato un diversivo, una specie di escort, una troia.
Guardandola andare via che non era ancora giorno pensai che quella sarebbe stata la nostra ultima volta; avrei fatto carte false per lei e lei invece mi voleva solo per scopare, due anni della mia vita, ‘fanculo!
Le scrissi che non ci stavo, che le sue chiacchiere non mi convincevano e che se per lei ero solo un diversivo, la scopata del mercoledì, a me non bastava. L’amavo e volevo condividere con lei la banalità della vita quotidiana, svegliarmi la mattina accanto a lei. Ero stanco. Le dissi che non ci saremmo mai più rivisti a Villa, il b&b, il che significava che non ci saremmo rivisti affatto. Volevo di più. Ne avevo il diritto, me l’ero guadagnato trascorrendo interi week end ad aspettare che tornasse, torcendomi dalla rabbia e morendo di gelosia sapendola con lui.

Passarono i giorni, divennero settimane, la tristezza accompagnò il mio trasloco; mentre sistemavo le mie cose nella nuova casa - una casa che affittai nella città dove avevo trovato il nuovo lavoro e non dove abitava lei - pensavo a tutto quello che avevamo passato insieme, a quando tra una sigaretta e l’altra avevamo fantasticato sul nostro futuro, sui nostri figli e i cani e i gatti …
Poi qualche sms, qualche e-mail; lei tristissima che mi ripeteva quanto non la capissi; che io non avrei saputo attendere i suoi tempi e che avrei finito per renderle la vita un inferno se mi fossi trasferito vicino a lei. Meglio così, almeno finché non sarebbe arrivato il momento. Qualcosa s’era spezzata dentro di me, sentivo che quel momento non sarebbe venuto mai; eppure mi mancava, una struggente nostalgia di lei mi prendeva ogni volta che alzavo lo sguardo dal mio lavoro, era sempre lì. Alla fine decidiamo di vederci, ma non prenoto al b&b; ci facciamo una pizza, poi una passeggiata nel borgo medievale di un paese lontano da entrambe le nostre città. Che strano averla accanto a me mentre guido, mi accorgo che non abbiamo mai cantato insieme una canzone mentre andiamo da qualche parte, timidamente intono il pezzo ma lei non mi segue, eppure è la nostra canzone … Trascorriamo una bella serata, poi passeggiamo mano nella mano, chiacchieriamo adagiati su una panchina sotto una luna ammiccante, finalmente ci baciamo; pensare che basta stare insieme per capirci, per risolvere tutti i malintesi è un tutt’uno col quel lungo bacio. Abbiamo voglia di fare l’amore, saltiamo in auto e ci infiliamo per le campagne, conosco un casolare isolato che fa al caso nostro, mi parcheggio dal lato interno e reclino i sedili. Il cielo è pieno di stelle, l’aria frizzante, ricominciamo a baciarci. Lei è calda, avvolgente, si offre alle mie carezze, la spoglio e perlustro con la lingua ogni centimetro della sua pelle, poi mi concentro sui suoi seni; ha dei grandi capezzoli che si inturgidiscono fino a voler esplodere sotto le mie carezze … le bacio dolcemente il pube, cerco il suo piacere, mi immergo infine tra le sue labbra e con esasperata lentezza a lingua dura le carezzo il clitoride; il movimento è circolare, morbido. La sento torcersi di piacere, mugolare, afferrarmi i capelli; intanto le accarezzo tutto il corpo, con le mie dita lo perlustro soffermandomi a seguirne ogni linea. La costanza non mi manca, mi inebrio del suo piacere e quando la sento stringere la cosce attorno alla mia testa non le concedo tregua, la vedo arcuarsi ed esplodere … la mia erezione ora è imbarazzante. La bacio delicatamente e le scivolo dentro. L’auto è piccola, o forse sono io che sono troppo grande, la prendo senza cambiare posizione, lei è adagiata sul sedile, lo facciamo guardandoci negli occhi, baciandoci dolcemente, non ho fretta, voglio sentirla e voglio che mi senta scivolare dentro di lei, lentamente, fino in fondo. Quanto mi è mancata, pensavo non avrei mai più potuto abbracciarla …
La costanza mi premia regalandomi il suo secondo orgasmo, mi rilasso e esplodo il mio piacere inondandole la pancia, ansimando le crollo addosso. Quando mi scosto, sorridendomi mi dice che è ora di rilassarsi un po’ e accende una sigaretta, non mi va le dico, ma fuma pure. Lei si distende senza rivestirsi, non fa freddo, si copre col mio gilet. Le sorrido, mi adagio col viso sulla sua pancia, scivolo tra le sue gambe e la bacio … la sento aspirare a fondo la sua sigaretta, accarezza i miei capelli. La sigaretta più bella della sua vita, dice, poi mi bacia. Ci rivestiamo, è ora di tornare a casa.
Tutti i malintesi sembrano essersi dissolti. Senza parlare di nulla ci salutiamo e senza esitazioni mi conferma l’appuntamento per il mercoledì successivo. I giorni volano, questa volta dopo la pizza non vuole nemmeno passeggiare, fa più freddo dice. Facciamo ancora l’amore in auto, è precisamente come la volta precedente. E pensare che la prima volta, a maggio dell’anno precedente, l’avevamo fatto in auto e non era stato affatto esaltante.
Oramai siamo a novembre, fa troppo freddo; non occorre che ne parliamo, prenoto il nostro vecchio b&b. Arriva con un po’ di ritardo, sono impaziente, faccio una doccia e mi metto tranquillo, ma dentro sono impaziente. Ardo dalla voglia di metterle le mani addosso. Ha avuto il ciclo però, mi dice civettuola, chi se ne frega le rispondo, passeremo la nottata a farci le coccole a letto. Sono davvero felice di vederla, ha sempre mille sciocchezze da raccontarmi, e a me piace ascoltarla, ascoltare la sua voce, non importa cosa dica, mi basta sentirla parlare. La bacio appassionato, la giro a pancia in giù, continua a parlare le dico, ti ascolto, intanto le scopro la schiena e la bacio e carezzo lentamente, a lingua dura ne seguo il perimetro soffermandomi su ogni asperità; arrivo ai glutei che spuntano sfacciati dal jeans, ci strofino le guance sopra, li bacio e con mossa fulminea li libero dal jeans e immergo il mio viso tra di loro; con la lingua cerco la sua porta segreta, la stuzzico lentamente e non appena la sento rilassarsi affondo la punta strappandole un sospiro. Inizio a baciarla lentamente, intanto le mie dita cercano e trovano il clitoride. La sento irrigidirsi sotto di me, infine esplodere di piacere; si gira repentina e mi spinge sul letto, si tuffa su di me e mi restituisce il piacere che le ho donato. Prima con foga, accarezzandomi con forza lungo tutto il corpo, poi quando mi sente completamente adagiato tra le sue mani rallenta il ritmo, si sposta di lato e inizia a fare l’amore con me tenendomi in bocca. Mi accartoccio su di lei, con le dita cerco i lineamenti del suo viso, il ritmo aumenta finché esplodo in lei, mi contorco di piacere e forse le faccio anche male per quanto stringo forte. Sono spiaggiato sul letto, ora, sfinito, mi guarda soddisfatta, sorride. Viene ad accucciarsi accanto a me. Parliamo, ridiamo, arriva una telefonata, è la sua amica Patty, mi eccita l’idea di metterla in difficoltà, inizio a baciarla di nuovo, prima i capezzoli, poi scendo e mi immergo tra le sue labbra. La sento trasalire, ma continua la sua telefonata, a monosillabi. La giro di spalle e la abbraccio, lentamente le scivolo dentro, voglio che mi senta entrare in lei fino in fondo, piano piano. È eccitata, sento il suo corpo vibrare mentre l’avvolgo col mio, dio quanto la amo, chiude il telefono e mi bacia, poi mi salta sopra. A lei piace stare sopra, le piace prendersi il suo piacere dirigendo il gioco e a me piace che mi faccia sentire tutto il suo desiderio cavalcandomi. Ma le fa male, troppo grosso dice, e poi è più sensibile per il ciclo, boh! La vedo imbronciata adagiarsi accanto a me, non ci sto, le assalto i seni e poi la pancia, gioco con il suo piercing, seguo i contorni del suo tatuaggio, infine mi immergo tra le sue labbra, sento il sapore aspro del suo sangue, quell’odore dolce. Allunga la sua mano vicino alle mie labbra e immerge le sue dita dentro di se, poi me le infila in bocca, le succhio avido, mi sorride. Non ho limiti penso, non ho pudore e lei lo sa, lo sa da quella notte s’era addormentata e l’ho svegliata leccandole le dita dei piedi, una per una, infilandomele in bocca, succhiandole dolcemente, anche tutte insieme; lo sa da quella notte in cui l’o baciata dopo che mi aveva regalato un meraviglioso momento di piacere e ne conservava ancora il frutto tra le sue labbra. Non ho limiti con lei, e lei lo sa. Non vuole venire così un’altra volta, mi afferra la mano e guida le mie dita dentro di lei, poi si arcua e esplode tutto il suo piacere. Adoro vederla godere, sentire come trema tra le mie dita, sotto i miei baci. Esausta si accoccola tra le mie braccia, ora ha freddo. Parliamo, ridiamo, dormiamo un po’, al risveglio mi bacia dolcemente, mi carezza il petto, comincia a giocare con il mio pene, lo tocca con i polpastrelli dell’indice e del medio, ne segue il perimetro soffermandosi sulla punta, la virgola come la chiama lei, infine inizia a baciarlo. Sento la sua lingua percorrerlo e massaggialo, chiudo gli occhi e affondo le dita tra i suoi capelli d’oro. Mi regala ancora il piacere. Ora siamo entrambi esausti e spiaggiati sotto le lenzuola. S’è fatto tardi, si riveste pigramente, è svogliata. Il momento dei saluti è sempre quello peggiore. Beh sorridi le dico, ci vediamo mercoledì prossimo, no mi dice, facciamo martedì, ok per me va bene, le rispondo. La guardo andare via, aspetto fino a che il bianco della sua auto si perde nell’ultima curva poi torno a dormire. Ci vedremo martedì, questi 6 giorni voleranno.

Martedì mattina la sento nervosa, capita. Deve liberarsi dei suoi e soprattutto di lui. Esco a fare commissioni mi dice. A mezzogiorno leggo un suo sms che mi avvisa di esser rimasta a piedi con l’auto. Accidentaccio, penso! Auto vecchie, prima poi ti lasciano a piedi. Fatti venire a prendere da qualcuno, chiama un meccanico. È incazzata nera, ha chiamato una amica, Il meccanico non le può ridare l’auto che tra qualche giorno. Fattene prestare una dai tuoi, ne avete 4. Esplode in un moto di rabbia, tutti a rompere le palle! Non ci vediamo e basta! Mi spiegherà il giorno dopo che la madre aveva il rientro a scuola e che il fidanzato si era offerto di passare a prenderla. Non dico nulla, rimango freddo. È in questi momenti che più di ogni altro mi pesa essere solo il suo amante, di non esistere se non in quei mercoledì. Il mio silenzio pesa come un macigno, senza aprire bocca le sto ancora una volta rimproverando la mancanza di determinazione, ancora una volta le sto rimproverando che non mi ama abbastanza per cambiare la sua vita e scegliermi.

Ci ignoriamo per qualche giorno, poi il suo ultimo sms “ purtroppo Lu qualcosa in me s’è mosso”. Buona fortuna, le rispondo, niente altro da dire, niente da aggiungere, niente da spiegare, penso sorridendo a denti stretti quanto finiscano presto certi per sempre, le sue ragioni che rimbalzano nella mia testa, se solo io … se lei …
Mi aggiro per casa, ogni cosa di parla di lei, la sento nell’aria che respiro, ho lasciato sul comodino la vestaglia rossa a diavoletti che ha indossato quell’ultima volta, ha ancora il suo odore. Quante cose avrei ancora da dirle, non ero pronto. Non ero pronto a perderla, a vedermela scivolare via tra le dita, senza un abbraccio, una carezza.

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